Avete mai sentito parlare di “Eleutheromania”?
Significa letteralmente “mania, fissazione o zelo frenetico per la libertà”. I greci usavano questo termine, a differenza di “Eleutherofilia” che è “amore per la libertà”, con una connotazione strettamente medica.
Con questa parola descrivevano chi era “affetto” da uno zelo incontrollabile e un desiderio folle per la libertà.
Quando ho conosciuto questo termine, ho pensato immediatamente che, se fossi nata in quell’era, me la avrebbero certamente diagnosticata.
Proprio così, questo è il modo più giusto e accurato per presentarmi.
Sono Simona, ho appena compiuto 30 anni e trovo molto difficile, anzi impossibile, descrivermi se non parlando del mio desiderio estremo e smodato di libertà.
Sin da quando ero piccola, ho vissuto la vita con un misto di terrore del tempo che scorre e voglia di vivere al massimo. Da che ho ricordi del mio passato, ho sempre voluto dare un senso alla mia esistenza facendo quante più esperienze possibili.
Inevitabilmente, il mio desiderio di conoscenza e di fare esperienze si è tradotto principalmente in due modi: nel leggere senza sosta e nel viaggiare incessantemente, ma andiamo con ordine.
Sono nata in Sicilia; quando avevo solo due anni i miei genitori si sono trasferiti nel Nord Italia, precisamente vicino al confine svizzero.
Così, ho frequentato le scuole scegliendo come indirizzo superiore quello che aveva a che fare con il mio settore preferito: il turismo.
Purtroppo, o per fortuna, non ho mai sentito di avere radici di alcun tipo; di conseguenza, ho sempre pensato che, una volta raggiunta la maggiore età, avrei lasciato tutto per viaggiare intorno al mondo.
Alcune circostanze importanti della mia vita mi hanno portato a rimandare questo mio sogno e, in modo assurdo, mi sono ritrovata a lavorare come una matta in Svizzera, presso un negozio che vendeva mobili.
La mia propensione al contatto con le persone mi ha fatto ottenere degli ottimi risultati come venditrice, tanto da passare, per volontà di quello che allora era il mio capo, da un contratto di pochi giorni mensili a lavorare full-time.
Il lavoro mi piaceva molto, gli obiettivi erano sempre raggiunti e lo stipendio svizzero, soprattutto continuando a vivere in Italia, era davvero eccezionale.
“Tutto perfetto”, qualcuno potrebbe pensare, “è esattamente quello che sognano quasi tutti!”.
Ma per me era tutto tranne che perfetto.
Lavoravo ogni giorno con la massima dedizione, avendo un paio di giorni liberi che turnavano durante la settimana. Uscivo la mattina alle 6.30 e rincasavo alle 20.00 circa, se non c’era troppo traffico.
Nei giorni in cui ero di “riposo” cercavo di sbrigare tutte le commissioni e le mansioni che una casa propria comporta.
La paga era davvero ottima, ma mi sentivo come un pesce che nuota nel suo acquario. Un acquario bellissimo e pieno di ogni cosa necessaria, certo, ma pur sempre un maledetto acquario.
Ad un tratto mi sono semplicemente chiesta: “È davvero questo che voglio? È questo che sognavo per me e la mia vita?”
Così, fortunatamente, è iniziata la “giusta nausea”. La giusta nausea è quella sensazione che sorge nelle persone che sono insoddisfatte.
Alcuni la mettono a tacere, usando come giustificazione “le proprie responsabilità” o “i propri doveri”. Altri, sfruttano la giusta nausea per ribaltare la propria vita.
Sapete, infatti, cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.
A volte, nella paura del cambiamento e dello sconosciuto, potremmo essere tentati di rimanere in quello stato di insoddisfazione che permea la nostra esistenza ma dalla quale non riusciamo a tirarci fuori.
Ma quella sarebbe la strada perfetta per vivere una vita infelice.
Esiste un libro di un’autrice australiana di nome Bonnie Ware.
Lei è un’infermiera che accompagna nelle cure palliative i pazienti.
Il libro si intitola: “I 5 rimpianti prima di morire” e dice che il rimpianto posto al numero 1 nella classifica da lei stilata è:
“Rimpiango di non aver vissuto come davvero volevo invece che di come si aspettavano gli altri.”
Scioccante, non è vero?
La domanda che mi sono fatta è stata:
“Se venissi a conoscenza che la data della mia morte è esattamente a un anno da oggi, come vivrei questo ultimo anno di vita?”
Se il nostro ideale di vita è esattamente opposto a come stiamo realmente vivendo, allora c’è di certo qualcosa di profondamente sbagliato.
Infatti, ognuno di noi ha “una data di scadenza”; il fatto che non siamo a conoscenza di quale questo giorno sia esattamente, non dovrebbe farci vivere come se fossimo eterni.
Il giusto modo di vivere è SOLO ED ESCLUSIVAMENTE quello che ci rende felici.
L’Oracolo di Delfi, nell’antica Grecia, diceva “Gnōthi Seautón”, ovvero
“Conosci te stesso”.
Questo perché, per i greci, non c’era alcun altro modo per essere davvero realizzati e felici, se non quello di conoscere sé stessi e seguire la propria vocazione interiore.
Che saggezza infinita!
Alla luce di ciò, mi sono chiesta “Qual è la mia vocazione interiore? Che cosa mi rende davvero felice?”
È così che ho deciso di lasciare il lavoro, per tornare a ciò che davvero mi rende ebbra di vita. La conoscenza, la scoperta, il viaggio…
Ovviamente, agli occhi dei più, questa è stata una scelta del tutto folle: lasciare un lavoro ultra-pagato in cerca di ciò che mi rende davvero felice?
Anthony de Mello, un illuminato indiano, disse in uno dei suoi seminari:
“Il risveglio inizia quando ti chiedi se sei tu il folle o lo sono tutti gli altri…”
Ed è esattamente quello che ho provato io; davvero dovrei vivere una vita infelice per conformarmi al resto della società e ai ruoli prestabiliti che ci vengono dati sin da quando siamo piccoli?
La vita è così breve e passa così velocemente da non poter lasciare spazio all’infelicità e al non appagamento.
E, se dovessi vivere in contrapposizione a ciò che ritengo essere giusto e che possa farmi felice, beh: sarebbe il peggior tradimento che potrei mai fare a me stessa.
Non potrà mai esistere felicità se le cose in cui crediamo sono diverse dalle cose che facciamo.
Uno dei miei personaggi preferiti che ha abitato questo mondo, che ha vissuto ed è morto sempre fedele a sé stesso e ai propri ideali, ha scritto:
“C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo.
Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura.
La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in continuo cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso.
Se vuoi avere di più dalla vita devi liberarti della tua inclinazione alla sicurezza monotona e adottare uno stile più movimentato che al principio ti sembrerà folle, ma non appena ti ci sarai abituato, ne assaporerai il pieno significato e l’incredibile bellezza…
Non fissarti in un posto, muoviti, sii nomade, conquistati ogni giorno un nuovo orizzonte.Ti sbagli se credi che la gioia derivi soltanto o principalmente dalle relazioni umane.
Il signore l’ha disposta intorno a noi e in tutto ciò che possiamo sperimentare.
Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un’esistenza non convenzionale.
Non hai bisogno di nulla per portare questa gioia nella tua vita.È semplicemente lì che ti aspetta, che aspetta di essere afferrata, e tutto quello che devi fare è tendere la mano per prenderla…
Vedrai cose, conoscerai gente e ti insegneranno molto.
Non esitare o indugiare in scuse.Prendi e vai.
Sarai felice di averlo fatto.” – Christopher McCandless
Questo non significa che per essere felici, tutti debbano lasciare tutto e partire per vedere il mondo; Rousseau, nel libro “Le confessioni”, scrisse proprio:
“Una natura ha bisogno di ali, un’altra di catene.”
C’è chi è estremamente felice nella propria routine, con la propria casa, il proprio lavoro e la propria quotidianità. E non c’è niente di condannabile in questo.
Ma, per la mia intrinseca natura, tutto ciò somiglia più ad una prigionia che a una vita.
Sono una cacciatrice d’orizzonti, e non posso assolutamente fermarmi.
Così, è iniziata la mia VERA vita.
Ho viaggiato moltissimo, sono stata in India, in Thailandia, in Tanzania, in Marocco, negli Emirati Arabi, in Sri Lanka, negli Stati Uniti, in Messico, a Cuba e molti altri meravigliosi luoghi del pianeta.
Ho amato le differenze degli altri popoli, dagli indiani che mangiano con le mani e ti offrono tutta la magia della loro cultura, ai cubani che ballano ogni volta che è possibile, ai thailandesi che ti salutano e sorridono con il loro incredibile e rispettoso fascino, agli africani che ballano le loro danze pazzesche e coinvolgenti per darti il benvenuto nei loro villaggi.
Che posto meraviglioso, la Terra!
Inoltre, ho appreso moltissimo leggendo, continuando ad approfondire sempre nuovi argomenti e culture grazie alla mia innata e incontenibile curiosità.
In tutto ciò, vivendo un percorso che è ancora in essere e di cui mi sto godendo ogni singolo passo, mi viene in mente una frase del Buddha:
“Quando scoprirai chi sei, riderai di chi credevi di essere.”
Ho pensato di condividere la mia conoscenza di letture e viaggi attraverso questo blog, nella piena convinzione di poter essere lo sprone per altri per comprendere davvero ciò che sono interiormente e intraprendere una vita che sia conforme a questa scoperta.
1 commento
Ho notato che ho una storia molto simile alla tua, in molte cose mi sembravo proprio io a parlare, lavoravo come un mulo per qualcuno che decidesse il tenore di vita e le vacanze al posto mio, nulla di più frustrante e incatenante. La vita va vissuta proprio viaggiando ed essendo il capo di se stesso, alla scoperta di nuove culture e nuove persone. Non ho ancora viaggiato quanto te ma ben presto arriverà questo periodo della mia vita, lo so per certo.